martedì 21 luglio 2009

BEATO CHI CREDE NELLA GIUSTIZIA PERCHè VERRà GIUSTIZIATO


Il 2o luglio 2001 moriva assassinato un compagno un ragazzo un fratello.

Dimenticare Carlo dimenticare la Diaz ,Bolzaneto,
dimenticare Genova significa uccidere due volte.
Ciao Carlo,
Hasta la victoria!

lunedì 20 luglio 2009

+



Più più più !

PaPpaPEro voglio di più!pappappa di più di più!


Insomma mi ascolti voglio di più!

Voglio di più e più ancora di più,
più di una casa al mare,
più della serata di gala alla corte del vino,
più della carriera impastata con rinunce e risolini di pongo,
voglio più di chi ha meno e meno di chi ha più(?)...
ma sicuramente più anche di questo.(&)

più terrazze,più piazze più balconi,più palloni.

più rumore,più silenzio,più attenzione,

più paura di morire,più voglia di correre,

più forza,più vigore,più entusiasmo

più schiaffi e meno monete,

più libri e meno schiaffi,

più pace meno violenza e/o più cattiveria e meno ignavia.

più cioccolato per tutti! meno telefonini.

Più penso più mi permetto di parlare del più!

Più biciclette, più litigate, più urla,più panni stesi,più sbagli, più errori,più macchie di sugo!

PIù MACCHIE DI SUGO SULLA CAMICIA!

più tenerezza ,più anziani!più bimbi!

Più poesia e più gelati!Voglio di più!

Più mamme più fratelli e più papà!



più nonni..



Più giustizia più uomini ,più amore,più rispetto.
Più scelte!più scelte! piùsceltepiùsceltepiùsceltepiùscelte!
sbagliategiusteimperdonabiliaffrettateponderateincontrovertibilievidentementeinfantilistupidebanalioriginalinobilisoffertenecessarie. 

Più lacrime,

più tenerezza più gioia,più tavole apparecchiate
più ruttini,più "che bello" "che brutto" "che bello" "che brutto"


più FAVOLE!

Voglio di più- di più di quello che "DI PIù" si deve avere: di più sempre di più. 

Alla mattina a merenda a cena e a colazione,

di più per la strada, a letto -al lavoro- nel pancione- in MARE- sul monte- nel lago- al fiume sotto al grattacielo.

 VOGLIO VOLERE DI PIù

sabato 18 luglio 2009

martedì 14 luglio 2009

L'Amante

Accese la musica,il volto abbronzato,i pugni stretti dentro alle tasche. I bassi gli esplosero dolcemente nelle orecchie come desiderava ogni volta che solo percorreva la strada polverosa che cingeva la città vecchia,lo facevano sentire bene,leggero.  


 La amava ancora. Amava il suo odore e il suoi denti bianchi,la sua testa che scuoteva leggermente a sinistra prima di iniziare a parlare e i suoi maglioni blu. Sorrise. Aveva amato molte donne. Aveva posseduto i loro corpi e sbuffato di piacere sulle lenzuola candide di letti che ricordava uno ad uno con pari piacere. Un giorno era innamorato dell’alba che andava a trovare con adorazione nelle ultime ore della notte che moriva,un altro usciva soltanto quando l’ultima finestra illuminata scompariva nello spicchio di strada che intravedeva dal letto e prendendo per mano la città che dormiva, guardandola come si guarda un’amante l’ultima sera di passione prima della fuga,percorrendo tutte le vie e le piazze finchè il sole non buttava con insolenza la sua luce sui palazzi,si rifugiava nuovamente nell’appartamento. Pure si tuffava gioioso nella turbina rumorosa dei locali la sera e il giorno seguente spariva sulle colline a fare l’amore col silenzio finchè ne aveva le forze. Voleva sentire la vita scorrere nelle vene,riempirsi gli occhi del verde e dell’azzurro della sua terra mentre si addormentava esausto e al risveglio alzarsi in piedi benedicendo Dio per i grilli che cantavano già svegli. Voleva ringraziare per la bellezza di cui era circondato,per lo strano mondo che abbracciava stretto a se e per A. che in punta di piedi rideva e gli balzava sulle ginocchia, guardandolo dritto negli occhi e facendolo sentire la persona più importante del mondo. La strada si ammutolì e il vento sorrise mentre lo accarezzava; dolce come una madre,forte e rassicurante come un padre.

mercoledì 8 luglio 2009

La Moglie della Civetta



Intanto la vita scorreva sotto alla sua finestra senza che egli dovesse intervenire nel naturale divenire delle cose o fosse chiamato in qualche modo o partecipare a quell’insensato gioco scendendo in strada. Si svegliò all’ora di sempre,bevve il solito latte nella solita tazza gialla che inspiegabilmente preferiva alle altre e si mise al lavoro. Ahmed tirò fuori il carretto verde e con il volto segnato dal sonno e dai rimproveri della moglie percorse tutta la via fino all’angolo e scomparve. Nel freddo della cucina accese la prima sigaretta,tossendo e sputando in strada la notte trascorsa di cui adesso non aveva più paura. Col solito sorriso comparve la ragazza,quella che sognava a volte se si addormentava nel dopopranzo.

Veloce, camminava sul marciapiede, stando attenta a non far sbattere la borsa sulle lunghe gambe. Si era sempre chiesto di che colore fossero le pareti della sua camera. Era sicuro che fossero  bianche;aveva la faccia e il passo di chi ha la stanza dipinta interamente di bianco e soprattutto di chi si addormenta placidamente,come a lui invece non era forse mai capitato,o almeno non che lo ricordasse. Eccola puntuale, la macchina dei Latinos accelerò all’altezza del bar provocando le lamentele sguaiate della signora A. Non era tanto la velocità ,quanto la musica,che la disturbava. Era d’accordo con lei,la musicaccia sud-americana esprimeva tutto quello che evitava al mattino:passione,rabbia e sensualità,beh sì, avrebbe dovuto parlarne con la signora A. Probabilmente si sarebbe sentita sollevata nel sapere che almeno una persona in quel quartiere la sosteneva nella sua personale battaglia quotidiana con la honda bianca.La grande casa era ormai una piscina di fogli di carta ed egli ne era sommerso tanto che non poteva più aprire l’acqua del rubinetto dentro al quale avevano trovato posto le foto del mese passato.

Annotazioni,spostamenti,orari di chiusura e di apertura dei negozi,tutto sui muri di quella vecchia casa.Il quartiere viveva dentro all’appartamento dell’ultima piano senza aver avuto bisogno di esservici mai entrato.


Controllò il fascicolo-post it sulla signora A.;erano sei settimane che non faceva l’amore con suo marito,esattamente dal 19ottobre alle ore 23.40,rientrati dal teatro per cui si era impellicciata e truccata a dovere.Si era spogliata davanti al marito sdraiato sul letto ed era rimasta lì a farsi ammirare,vanitosa nelle sue collane e inconsapevole intrattenitrice di chi la osservava fumando con libidine alla finestra,finchè il marito si era alzato di scatto a spegnere la luce e chiudere le imposte.Controllò la sua finestra.Nulla.

Nell’attico in compenso era in corso la solita caccia agli spiccioli del dottore nelle gicche appese all’attaccapanni di mogano e sulla cassapanca dell’ingresso.La dominicana vi si dedicava anima e corpo nell’ora precedente al pranzo quando il Dottore sarebbe rientrato dallo studio e avrebbe trovato la casa linda e in perfetto ordine e Maria che tintinnava dalla cucina alla sala portando in tavola.


Erano anni che come una bestia si aggirava da una finestra all’altra cercando di vivere un pò anche lui.Sapeva tutto delle vite degli altri senza aver avuto necessità di stringere delle relazioni,o più semplicemente di dover varcare la soglia di casa.

Il mondo era così meschino e ripetitivo che valeva la pena guardarlo dalla finestra limitandosi a osservare senza intervenire o prendere posizione in merito ai tradimenti della moglie di Ahmed ,alle siringhe di suo figlio ,all’intolleranza della signora A.,al suo splendido corpo nudo o alle pareti bianche della camera della ragazza dalle gambe lunghe .Tutto era giusto. Tutto era mediocre. Tutto era splendido. Tutto era la solita routine di falsità e menzogne.





Calava il sole e quello era forse il momento in cui gli mancava di più il tabacco che ormai da anni aveva abbandonato.Le luci nella strada si erano spente gradualmente e solo una finestra rimaneva illuminata,come sempre.


Erano anni che cercava di capire perchè quell’uomo stesse a scrivere sul tavolo ingombro di carte fino a notte fonda,fra una sigaretta e l’altra col suo binocolo appeso al collo.Scattò due foto e le aggiunse al fascicolo”uomo insonne-col-binocolo”..